IL 5 dicembre 2013 è venuto a mancare a Johannesburg, all’età di 95 anni, Nelson Mandela.
Abbiamo conosciuto questo personggio riflettendo sulle problematiche legate ai diritti umani durante la preparazione della celebrazione della Giornata della Memoria. Madiba, come era soprannominato, è stato uno dei soggetti dei nostri approfondimenti. Era un politico sudafricano da sempre in lotta contro l’apartheid. Questa politica di segregazione razziale, istituita in Sudafrica nel dopoguerra, condizionava la libertà di vivere delle persone di colore e li discriminava a scapito dei bianchi. Molti gruppi anti-apartheid hanno cercato di combatterla per anni e alcuni loro esponenti sono stati incarcerati.
Nei lunghi anni di carcere che dovette scontare da innocente, ben 27, Mandela leggeva spesso, per trovare inspirazione e conforto, la poesia “Invictus”, cioè “Imbattuto” di William Ernest Henley (1849-1903):
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all’altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa della circostanza
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d’ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino;
Io sono il capitano della mia anima.
Questo testo ci ha molto colpito. Un nostro compagno, Raul Nagy di 3A, ha scritto, in onore di Mandela, una poesia che lo richiama:
Io sono il padrone del mio destino
Io sono il capitano della mia anima
Io sono il gudatore delle mie mani
Io sono l’ospedale del mio cuore
Io sono il sarto del mio futuro
Io sono il paracadute della mia tristezza
Io sono il custode della mia bocca
Io sono il guardiano dei miei occhi
Io sono tutto e niente.
Invictus
di: Marco Terni, Raul Nagy