Intervista alla prof. Maria Angela Ceruti

di Alice Bollani

16/4/2021

Ho deciso di fare un’intervista ad una delle professoresse della nostra scuola che, dal mio punto di vista, ha lasciato più il segno nel mio percorso di studi e personale. Ho avuto lei come prof. sin dalla prima media e mi ha avvicinato molto alle lingue, infatti ho deciso di seguire le sue orme: il prossimo anno farò una scuola linguistica al liceo “M. Gioia” di Piacenza. Un altro motivo per cui ho fatto questa intervista è perché la prof. è stata una delle prime, nel nostro istituto, ad aderire al progetto Erasmus: ha preparato e ha partecipato infatti a innumerevoli viaggi con la scuola e non.  Quindi, mi era sembrato interessante chiederle come aveva vissuto queste esperienze molto interessanti, cosa aveva provato ed approfondire alcune sue opinioni e gusti personali per conoscerla meglio. 

D: Quando e perché ha scelto di partecipare al progetto Erasmus?

R: La prima volta che mi è capitato di partecipare a un progetto europeo è stato nel 1997, tramite contatti personali con una collega di Santiago de Compostela conosciuta in Inghilterra. Come spesso accade è stato un po’ per caso, la scuola di cui era preside il marito di questa mia collega aveva in atto un progetto Comenius (il programma per le scuole si chiamava così allora) e cercavano nuovi partner. Io insegnavo a Calendasco e mi è sembrata una buona idea partecipare. Abbiamo organizzato brevi scambi di lettere tra studenti e attività comuni riguardanti le dipendenze da alcol e droga. Gli alunni delle scuole medie all’epoca non potevano viaggiare ma mi sono resa conto che le attività svolte li avevano entusiasmati e soprattutto avevano apprezzato usare la lingua inglese per comunicare in modo autentico. Da quella volta ho cercato di prendere familiarità  con i programmi di scambio tra alunni e insegnanti organizzati dalla Commissione Europea. Mi è sembrata un’opportunità da non perdere, da offrire agli studenti che incontro nel mio cammino, per aiutarli a migliorare sia nella comunicazione in lingua straniera, sia in quanto cittadini di una comunità multilingue e aperta a tante culture.

Oslo, 2017

D: Quali differenze ha trovato nelle varie scuole che ha conosciuto durante i suoi viaggi e quale modello scolastico la convince di più?

R: Ci sono tantissime differenze, ad esempio di distribuzione dell’orario durante la settimana e durante l’anno scolastico. Ci sono differenze di approccio alle discipline e di modalità di valutazione. E’ veramente difficile dire quante e quali siano. Ho invidiato moltissimo gli spazi e le risorse delle scuole del nord Europa, e la flessibilità di alcune scuole spagnole e inglesi riguardo all’orario e alla possibilità di creare gruppi di studenti tra classi diverse. In generale non si può non restare colpiti dall’organizzazione delle scuole finlandesi, i cui studenti risultano sempre tra i più preparati nelle indagini internazionali. Non credo però che il loro modello possa essere esportato così com’è nel nostro contesto, anche se potremmo adattare alcune buone pratiche (ad esempio lasciare spazi di decompressione agli studenti tra una lezione e l’altra e far trovare ambienti più accoglienti agli insegnanti) per far sì che la scuola diventi un luogo in cui vivere e non solo studiare e lavorare. Ci tengo però a dire che tutti gli insegnanti stranieri che hanno visitato la nostra scuola (finlandesi, spagnoli, norvegesi, turchi, lettoni, inglesi, bulgari, tedeschi, greci, sloveni, … spero di non aver dimenticato nessuno …) hanno trovato e portato con loro qualcosa di positivo anche dal nostro sistema. Spesso non ce ne accorgiamo, ed è un peccato.

Sofia, 2018

D: Ha mai partecipato ad un progetto Erasmus come studente?

R: Come indicato nel sito della Commissione Europea, ERASMUS è l’acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, sviluppato 31 anni fa a seguito dell’intuizione di Sofia Corradi, una pedagogista italiana, ma è bello che richiami il nome di Erasmo da Rotterdam, un grande umanista ed europeo del passato. Oggi sappiamo che il programma Erasmus+ non è più solo dedicato agli studenti universitari, ma è rivolto a chiunque in Europa sia ‘in formazione’ e comprende quindi anche i vecchi programmi Socrates/Comenius (per le scuole), Leonardo (per gli studenti degli istituti professionale e i giovani lavoratori) e altri più specifici. Quando ho frequentato l’università, negli anni ‘80, questi programmi non esistevano ancora, però ho avuto l’opportunità di usufruire di una borsa di studio Erasmus per studenti universitari nel 2010. Sono infatti stata distaccata dall’insegnamento dal 2008 al 2011 per un periodo di ricerca presso l’università di Pavia. Nel 2010 ho trascorso 8 mesi presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi. Certamente ero molto più ‘anziana’ degli altri studenti ma l’esperienza è stata indimenticabile e la consiglio vivamente a tutti!

D: Quanti viaggi ha fatto?

R: Non ricordo con precisione, sicuramente almeno una trentina. E spero di farne ancora qualcuno!

D: Quale viaggio ricorda con maggiore piacere?

R: Ci sono tre viaggi che ricordo con particolare piacere. Il viaggio in Finlandia nel 2008 durante il progetto Comenius INGAGE, perché il rapporto tra gli insegnanti partecipanti era già consolidato e si è trasformato in una bella amicizia che dura tuttora e poi perché ho potuto sperimentare attività per noi impensabili, quali camminare sul mare gelato o fare un picnic attorno al fuoco nel bosco tra la neve e sotto le stelle. Poi, per gli argomenti trattati e la sensibilità dimostrata da alunni e insegnanti ho particolarmente apprezzato il viaggio a Terezín con Matteo Corradini nel 2019 e il viaggio in Norvegia per il progetto Journeys for Peace, sempre nel 2019. Ho potuto visitare il Nobel Peace Prize Centre a Oslo e l’isola di Utøya. Esperienze molto toccanti e significative.

D: Dove le piacerebbe vivere?

R: Mi piacerebbe vivere in un posto che ha marginalmente a che fare con i miei viaggi Erasmus. Si tratta di La Croix Valmer, nelle vicinanze di Toulon, in Francia. Una carissima amica francese (conosciuta proprio durante un viaggio Erasmus in Finlandia) abita là, vicinissimo al mare. Ci sono stata alcune volte e devo dire che per dimensioni e clima rappresenta la mia idea di posto perfetto per vivere!

Terezin, 2019

D: Qual è la sua lingua preferita?

R: Non so dirlo. Ovviamente l’inglese è la lingua straniera che conosco meglio e che quindi mi permette di comunicare quasi ovunque. Conoscerla mi dà sicurezza e mi piace usarla. I libri che leggo, sia per lavoro che per diletto, sono quasi tutti in inglese e cerco sempre di guardare i film in lingua originale. Mi piace molto anche il francese ma non lo parlo spesso. Ho avuto anche l’occasione di imparare qualche frase in finlandese e in giapponese, e devo dire che mi piacciono moltissimo entrambe. Magari quando andrò in pensione mi dedicherò al loro studio in modo più approfondito!

D: Che musica ascolta / genere musicale?

R: Purtroppo non ne ascolto tanta ma mi piace il progressive rock.

D: Ha qualche animale preferito?

R: Amo tutti gli animali e da qualche anno sono diventata vegetariana per non contribuire all’orrore degli allevamenti intensivi. Non uccido nemmeno le zanzare o gli scarafaggi (li ‘accompagno’ alla porta). Ho un gatto monello, ex gatto randagio. Se avessi una casa con giardino probabilmente terrei anche un cane.

D: Ha mai praticato uno sport?

R: Sì, ho praticato il pattinaggio artistico a rotelle a livello agonistico e per un po’ di tempo sono stata anche istruttrice di questo sport. Poi ho praticato la ginnastica artistica alle scuole medie e la pallavolo al liceo e in seguito il judo e il nuoto, a livello molto amatoriale.

D: Un mondo senza inglese, come sarebbe?

R: Come sarebbe? Non saprei dirlo. Ovviamente non ci sarebbero capolavori letterari patrimonio dell’umanità, ma forse anche testi musicali emozionanti. Io però credo soprattutto nella funzione dell’inglese come lingua di comunicazione, e cerco di sensibilizzare gli studenti verso questo aspetto di ‘Lingua Franca’ che apre molte porte ma che si trasforma grazie ai contatti con le altre lingue e culture che incontra. Del resto tutte le lingue sono vive, cambiano e crescono nel tempo e si influenzano l’una con l’altra. Se non ci fosse l’inglese ci sarebbe sicuramente un’altra lingua per aiutarci a comunicare con tutti i nostri simili!

Lascia un commento