Polifemo racconta la sua storia

Di Luca Dantoni

28/4/2021

Ero al pascolo e stavo guidando il mio gregge. Misi nel recinto i capretti e gli agnelli e tornai alla mia grotta con in mano una grande quantità di legna secca. Con me portavo nella caverna le capre da mungere. Come tutte le altre volte, entrato, misi davanti all’ingresso un enorme macigno come porta. A quel punto mi sedetti e iniziai a mungere le caprette. Finito ciò, accesi il fuoco e, mentre prendevo del formaggio per il pasto, vidi in un angolo delle piccole persone che mi osservavano. Rimasi stupito, paralizzato ma subito mi venne l’acquolina in bocca perché questi ospiti mi sembravano squisiti da mangiare. Altroché il formaggio: umani per cena! Subito dopo chiesi: “Stranieri, chi siete e da quale terra navigate? Siete forse mercanti o pirati che assalite le navi?” Non ascoltai neppure la risposta, non resistevo, quindi afferrai due di loro e li mangiai, gustandoli.

Disegno di Diego Barilati

Sentii le ossa scrocchiarmi in bocca e il sangue fresco passarmi tra le gengive; li sgranocchiai fino all’ultimo osso, ne succhiai il midollo e poi mi misi a dormire, stanco della giornata ma soddisfatto. Al mattino, come colazione, presi altri due uomini, li divorai per colazione e poi tornai fuori dal mio gregge; ma i piccoli e saporiti umani li chiusi all’interno della mia grotta per non farli scappare. Tornai verso sera e quelle piccole persone avevano in serbo per me un’altra sorpresa: del buon vino, delizioso ma molto forte. “O, straniero come ti chiami?” chiesi a quello che mi offrì il buon vino. “Mi chiamo Nessuno”. “Nessuno? Strano come nome”. Per ringraziarlo dell’offerta gli dissi che l’avrei mangiato per ultimo: io detesto le regole dell’accoglienza e il rispetto degli dei, io sono Polifemo, il grande ciclope! Quindi mi addormentai, di un sonno profondo favorito dal vino, quando improvvisamente sentii un dolore fortissimo alla fronte, un bruciore insostenibile. Non capivo cosa stesse succedendo. Misi una mano sull’unico occhio che avevo e sentii che un gran bastone infuocato vi era conficcato! Che disperazione! Mi alzai al buio urlando di pena, mi sentivo male e chiamai allora in aiuto gli altri ciclopi dell’isola. “Nessuno mi vuole uccidere!” gridavo come impazzito. “Se nessuno ti vuole uccidere perché sei così agitato e arrabbiato?” dissero e poi se ne andarono e io non capivo perché. Nel frattempo giunse la mattina e brancolando nel buio arrivai all’ingresso della grotta. Feci scorrere il masso che la chiudeva, mi sedetti e feci uscire le capre una alla volta, toccandole sulla schiena in modo da non farmi scappare gli ospiti. Ad una di queste, ingenuamente chiesi: “Se solo tu mi dicessi dove si trova lo straniero!” Allora sentii una voce provenire dalla scogliera, anzi no, dal mare… corsi in quella direzione e iniziai a tirare dei grandi massi, mentre pensavo: “Nessuno è riuscito a imbrogliarmi! Ma allora perché non mi ha ucciso invece di accecarmi…”. Sentii ancora parlare, sopra il rumore delle onde: “Gigante, se qualcuno ti chiede chi ti ha accecato, risponderai che è stato Ulisse, figlio di Laerte, Re di Itaca.” “Maledetto sia tu, bugiardo, falso e imbroglione, che mi hai accecato. Mio padre, Poseidone, Re del Mare, mi guarirà e renderà il tuo viaggio impossibile, pieno di dolore e di pericoli. Se riuscirai a tornare in patria, lo farai senza i tuoi uomini. Un indovino mi aveva predetto questo ingiusto futuro ma non avrei mai pensato di venire accecato da una creatura così piccola e fragile, io, il grande Polifemo!”

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