“La sorte”

Di Micol Tosca

6/2/2023

A dicembre, la mia classe ed io abbiamo scritto dei testi narrativi che dovevano essere ispirati ad un quadro che la nostra professoressa ci ha proiettato alla LIM.  L’immagine scelta rappresentava un quadro della Galleria Ricci Oddi di Piacenza, intitolato “Uomo con slitta sulla neve” del pittore Cesare Maggi, datato 1910. Inizialmente ero a corto di idee; poi, ho osservato meglio il quadro e mi sono accorta di una montagna sullo sfondo. Pensando  a cosa scrivere, mi venne in mente una valanga, qualcosa di tragico. Non so esattamente perché, però, decisi di partire e che quella sarebbe stata una storia drammatica.  Successivamente, pensai ai personaggi: una famiglia in lutto da diversi anni  e una giornata come le altre, che però, alla fine, non si rivelasse tale. Fortunatamente, a quel punto, le idee cominciarono a nascere una dopo l’altra e scrissi senza quasi mai fermarmi. Questo racconto ha dato spazio alla mia creatività, spero che vi piacerà leggerlo!

Non era la prima volta che Albert si svegliava presto: doveva farlo, era obbligato ad andare nei boschi per raccogliere il legname e portarlo nella sua abitazione, prima che il sole tramontasse. Egli era un uomo mattiniero e abitudinario: si alzava quasi sempre verso le 6 di mattina, si vestiva, faceva colazione, salutava sua moglie Susanna e abbracciava dolcemente sua figlia Maeve, che, come tutti i giorni, partiva per andare in città a studiare. Mentre Albert camminava senza meta nella sua baita, si accorse che le fotografie di suo figlio erano cadute. Le raccolse subito, con le guance fredde, umide ed una lacrima al fondo del viso, diede un bacio ad ognuna: “Oh figliolo, se fossi ancora qui con me, se solo quel giorno fossi venuto anch’io con te nei boschi, forse… forse, oggi oltre ad abbracciare tua sorella, abbraccerei anche te ” pensò Albert, con il cuore in frantumi. Maeve, chiamò suo padre dalla finestra: “Papà, dato che finisco le lezioni prima, non venire a prendermi in stazione, riesco ad arrivare fino a casa da sola, c’è ancora luce nel primo pomeriggio” urlò la ragazza, cercando di farsi sentire all’interno della baita. “Va bene Maeve, però presta attenzione e per qualunque problema chiama me o tua madre, ok?” disse Albert. “Certo, ci vediamo dopo papà, saluta la mamma da parte mia!” esclamò Maeve.

L’uomo partì dal suo alloggio e, in tarda mattinata, arrivò di fronte ai primi alberi dopo una lunga distesa di candida neve. Impugnò la sua accetta e iniziò a tagliare i vari tronchi: dopo circa mezz’ora, decise di prendere lo slittino, appoggiare la legna sopra di esso e trainarlo verso l’altra zona di boscaglia. Passare davanti a quella montagna innevata suscitò in lui i ricordi tragici della morte di suo figlio. 15 Dicembre: quella sera, suo figlio Philip era andato a raccogliere la legna, quando una terribile valanga lo travolse. Albert era lì, ad osservare la morte certa del proprio figlio senza poter fare nulla. Da quel giorno, l’uomo aveva vissuto con innumerevoli sensi di colpa, incubi, continui ricordi delle grida d’aiuto e lo sguardo terrorizzato di un figlio che guarda il padre, e sa che sarà l’ultima volta che potrà farlo. Era tardi, ormai, per pensare a cosa sarebbe potuto accadere se fosse arrivato prima, o se fosse andato lui quella sera nei boschi, quindi decise di continuare il suo percorso. Quando arrivò all’inizio di un’altro bosco, vide lontano ma di fronte a lui, sua figlia. La salutò, e lei ricambiò. Maeve percorse qualche metro e Albert riuscì a vederla meglio, le disse (quasi urlando, data la distanza) se, terminato il lavoro, aveva intenzione di tornare a casa con lui o rientrare subito e lei rispose che l’avrebbe aspettato volentieri. La ragazza corse verso suo padre, quando, ad un certo punto si sentì una ventata d’aria. I due si girarono verso la montagna e si accorsero che la neve aveva formato una vera e propria valanga.

Albert era in preda al panico: non sarebbe riuscito a sopportare la morte della sua unica figlia. “Corri, Maeve, corri più veloce che puoi!”, “Ce la puoi fare tesoro, corri, ti prego!” gridò disperato Albert. La ragazza era consapevole che non ce l’avrebbe fatta, per questo, prese una decisione: fissò suo padre negli occhi stracolmi di lacrime, e pronunciò con un sorriso impaurito : “Vi amo”. Successivamente, la valanga la travolse, Albert cadde atterra per la disperazione: “Di nuovo” disse balbettando. “Di nuovo ho lasciato che una delle persone che amo di più morisse”. L’uomo aveva bisogno di tornare a casa. Decise di portare con sé la slitta e il legname. Arrivato nella baita cominciò a singhiozzare: la moglie gli fece mille domande ma lui non era in grado di rispondere a nessuna, era completamente sotto shock. La sua mente era immobile sull’immagine di sua figlia che sorrideva con gli occhi colmi di lacrime e coscienti della sua morte. Dopo qualche ora, si riprese e raccontò tutto. La donna non poté fare altro che piangere, stringendo suo marito a sé, cercando il conforto di una persona amata. I due vivono ancora in quella baita, ma dopo l’accaduto si fecero una promessa: non sarebbero mai e poi mai tornati su quel suolo maledetto. E così fu. 

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