“Per questo mi chiamo Giovanni”, un libro per riflettere

Autore: Luigi Garlando

di Rachele Bertoni e Lorenzo Groppi

13/03/2023

Si avvicina la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie”, che si celebra il 21 marzo e noi vogliamo proporvi una riflessione a partire da uno dei più famosi libri italiani per ragazzi che parlano della lotta alla mafia “Per questo mi chiamo Giovanni”.

Lorenzo, un nostro compagno, dopo aver letto il libro, ha scritto le sue riflessioni, che vi proponiamo.

Giovanni, il protagonista del libro, è un ragazzino che vive a Palermo e frequenta la scuola primaria. Suo padre, per il suo decimo compleanno, gli fa un regalo speciale: una giornata da trascorrere insieme. Lo scopo del padre non è far saltare un giorno di scuola al figlio, ma raccontargli chi è Giovanni Falcone, cosa ha fatto e perché per quel figlio hanno scelto proprio quel nome. Questo libro mi è piaciuto moltissimo perché è scritto in modo semplice e riesce a spiegare bene e con esempi pratici di vita reale cosa è la mafia. Ho capito che quest’ultima sembra una cosa lontana invece è “vicina” a noi in tante forme, ne sono un esempio gli episodi di bullismo. Questo libro incoraggia a non nascondere le cose sbagliate che ogni giorno viviamo, a non tacere e a non “mettere la testa sotto la sabbia” come lo struzzo, dicendo “tanto a me non riguarda, io non c’entro”. Il padre racconta di Giovanni Falcone perché ha capito che nella scuola frequentata dal figlio ed in particolare nella sua classe c’è qualcosa che non va: c’è un ragazzino, Tonio, che è un bullo. Spera che, capendo l’impegno che Giovanni Falcone ha messo nel suo lavoro e il perché lo ha fatto, anche suo figlio Giovanni possa capire come risolvere la situazione. Una cosa che mi ha colpito molto è come i compagni di classe di Giovanni ed anche lui stesso, prima del cambiamento, decidano di tacere per paura che Tonio possa fare loro qualcosa di male: anche questa è in un certo senso una forma di mafia perché l’omertà, cioè il tacere e il non raccontare una cosa brutta per paura, è proteggere il bullo e far diventare una cosa sbagliata un’abitudine. In questo caso l’azione sbagliata non viene più percepita come tale perché a furia di farla diventa una routine, ci si abitua a farla e questo non è giusto. Giovanni capisce questo anche ascoltando il racconto diretto di quello che è successo al padre ed il perché la sua scimmietta di peluche ha le zampe bruciate. Dopo il racconto del padre, sa come reagire di fronte a Tonio, sa cosa è giusto fare: così affronta il bullo. Secondo me ha fatto la cosa giusta perché ogni giorno possiamo trovarci a vivere una situazione del genere ed è giusto ribellarsi ai soprusi.

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