“Cancelliamo le gomme”: come imparare dai propri errori e altre riflessioni dello scrittore Matteo Corradini

La redazione ha incontrato lo scrittore ed esperto ebraista

a cura della redazione 

31/3/2025

Noi della redazione de “La voce dell’Olubra” abbiamo incontrato lo scrittore Matteo Corradini. Ci siamo preparati nelle settimane precedenti, leggendo i suoi libri ed esprimendo i nostri commenti e le impressioni. Chi non lo conosceva, ha provato a immaginarselo di persona, dopo aver conosciuto le sue opere, chi lo aveva incontrato in precedenza, ha provato a condividere un suo parere sul suo carattere e sul suo lavoro. Abbiamo anche preparato delle domande che gli abbiamo posto. Ecco la nostra intervista, buona lettura!

D: Ci ha un po’ lasciato in sospeso il finale aperto del libro “Solo una parola”, perché ha deciso di far continuare a noi la storia?

R: Il finale aperto si usa se si vuole scrivere una serie. Non è nella mia intenzione. Quindi, non è un finale aperto. Condivido una cosa con Leonardo Da Vinci: la data di nascita.  Avete presente la Gioconda? Come sono le sue gambe? Non si vedono. Possiamo dire che la Gioconda non è finita? No. Non è neppure un quadro aperto. È finita così. Quello che non c’è, se lo immaginano i lettori. Roberto, protagonista del libro “Solo una parola” è davvero esistito, è ispirato a Roberto Bassi, che si è nascosto a Venezia, si è salvato, ha fatto il dermatologo, ha curato la pelle delle persone. Nel libro c’è un ricordo  del suo lavoro: la pelle di Lucia con le lentiggini. È morto tre settimane fa. Chi legge il libro, si immagina il finale: io me lo immagino positivo.

D: Sappiamo che è stato chiamato dalla Juventus per fare un intervento sul campo dello Juventus Stadium: ci racconta com’è andata?

R: Gli ultras della Lazio avevano fatto una figurina con la faccia di Anne Frank. Il messaggio, non nuovo, era: “Voi siete ebrei  -ed ebreo è inteso come un insulto- e farete una brutta fine”. Anne Frank è molto famosa e tutti conoscono la sua faccia. Allora la FIGC ha deciso che in tutti i campi sarebbe stata letta una parte del famoso diario di Anne,  prima della partita. Così, mi chiedono di leggere allo Juventus stadium: 45000 persone, stadio al buio, nessuna pubblicità, silenzio totale. Temevo contestazioni forti ma non è stato così. Un’esperienza davvero singolare. Restando in tema di sport, il mio ultimo libro, “La spada non mi ha salvata”, è dedicato a Helene Mayer, fiorettista tedesca, campionessa assoluta in Germania e negli USA; la più grande schermitrice del Novecento, per il famoso periodico statunitense “Sport Illustrated”. L’unico neo di Helene, nella Germania di Hitler, era di avere un padre ebreo. Riuscì comunque a partecipare alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, per la nazionale tedesca. Come ci riuscì da ebrea, lo racconto nel libro in modo originale. Ho cercato di scrivere una storia nota con uno stile nuovo, particolare.

D: Come reagisce alle critiche negative riguardo ai suoi libri, se ci sono? 

R: Fino a qualche tempo fa, avevo dei social, poi mi sono stufato, mi sembravano posti disumani. “La vita è troppo breve per aspettare che la chiavetta usb si disattivi” era scritto sulla t-shirt di un mio amico. La vita è breve, dico io, per dedicare troppo tempo  ai social network. Quindi, ho chiuso tutto. Non mi sono mancati e non mi mancano. Quello che posso dire, è: “Uscite”. Non meritano il vostro tempo. Quando sarò ministro dell’istruzione, raddoppierò lo stipendio ai professori e renderò illegale la gomma da cancellare. Lo slogan sarà: “Cancelliamo le gomme”. Non siamo abituati a guardarci indietro e vedere gli errori fatti in modo da rifletterci sopra, solo ad accumulare nuovi post in modo che le cose vecchie vengano dimenticate e cancellate. In un testo scritto a computer, correggi gli errori e questi spariscono. Se scrivi a mano e non usi la gomma, però, puoi tirare una riga sull’errore ed andare a riguardare cosa c’è che non va. Così puoi imparare dai tuoi errori.

D: Spesso le sue letture pubbliche o i suoi spettacoli comprendono la musica dal vivo, insieme alle parole: cosa può dare, in più, la musica a chi ascolta le sue storie? E lei, di solito, ascolta musica mentre scrive? Se sì, quale?

R: 26 gennaio 2025, teatro della Fenice a Venezia, uno dei più bei teatri al mondo. Ore 7.30 del mattino. Teatro vuoto. Dopo qualche ora, sarei entrato in scena, con un mio spettacolo. La voce è strana, un po’ è dentro di te, un po’ finisce nelle orecchie degli altri. Il mio corpo sarebbe restato sul palco, il suono della voce se ne sarebbe andato in giro e avrebbe raggiunto tutti gli spettatori. Lo stesso vale per la musica. È la sorella della voce. A volte, quando scrivo, ho bisogno una compilation, di generare impressioni, di un mood giusto. Non è una colonna sonora, la musica mi accompagna, mi dà le sensazioni giuste. E ascolto veramente di tutto.

D: Dove riesce a recuperare gli oggetti originali dell’epoca della Shoah?

R: Ho molti oggetti del periodo della Shoah che ho recuperato a Praga, a Berlino, a Londra. Ci sono antiquari, mercati e mercatini. Gli oggetti sono importanti perché raccontano una storia, anche i più piccoli. Sono quello che resta quando i loro proprietari se ne sono andati, ci parlano di loro. 

D: Lei ha incontrato molte persone famose, testimoni della storia: qual è l’incontro che le ha dato più emozioni?

Ogni testimone lascia un segno. Se devo sceglierne uno, scelgo Virginia Gattegno che era stata ad Auschwitz. Era veneziana e una cara amica, ho scritto un libro sulla sua vita. Quando ci siamo incontrati per scrivere la sua vita, ha preso una scatola con alcune foto e abbiamo cominciato da un’immagine che non mi aspettavo: non parlava di deportazione ma era una foto risalente a 12 anni dopo Auschwitz, dove peraltro lei aveva perso quasi tutta la famiglia. La foto era di una festa. Le ho chiesto che cosa aveva fatto prima. È la domanda che ci facciamo quando vogliamo sapere qualcosa di chi abbiamo davanti. Per Virginia, la vita non era solo Auschwitz ma  molto di più, erano le feste, l’amore, le persone, i viaggi.

Concludendo, cosa abbiamo capito noi della redazione tra le righe di questa bellissima intervista? Innanzitutto che gli scrittori vedono la realtà con occhi diversi, colgono i dettagli delle parole, degli oggetti, delle cose che ci circondano e li interpretano, dando loro una veste nuova, una interpretazione nuova. Vivono le coincidenze, le collezionano. Amano gli scherzi creativi, non sono capaci di dire di no, sono aperti a quello che li circonda e per questo vivono fantastiche avventure che poi noi possiamo leggere nei loro libri.

L’ultimo libro di Matteo Corradini

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