Arriva la primavera e, con il 21 marzo, la giornata in cui si tiene la lettura dei nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie.
Tutte le classi terze della nostra scuola hanno partecipato a questa iniziativa e si sono preparate ritagliando delle stelle sulle quali ogni ragazzo ha scritto alcuni nomi che avrebbe letto.
In biblioteca, era stato preparato uno striscione blu cielo che avremmo riempito con le nostre stelle per creare delle costellazioni di legalità: come le stelle ci guidano dal cielo, così la legalità ci deve guidare nelle nostre azioni sulla terra. A guidarci, le parole del poeta Pablo Neruda:
Oggi ho molte battaglie da vincere
Oggi ho molte ombre
Da squarciare e sconfiggere
Sono intervenuti l’assessore Cesario, Antonella Liotti e Lorenzo Piva dell’associazione Libera.
Via via che i ragazzi leggevano i nomi delle vittime, il cielo si popolava di nuove stelle: è stato un momento molto emozionante.
Abbiamo deciso di intervistare il nostro prof. Claudio Ghioni, musicista e da due anni professore nella nostra scuola.
D:Tre aggettivi per descriversi.
R: Sognatore, determinato e riflessivo.
D:Il suo sogno nel cassetto?
R:Da giovane sognavo di suonare in una rock band americana tipo Bon Jovi o Guns’n’Roses e di fare i tour negli stadi… oggi sogno sempre di andare negli stadi, non più quelli statunitensi ma quelli europei, non più come protagonista, ma come spettatore, a vedere i miei figli giocare a calcio.
D:Quanti viaggi ha fatto e qual è stato il migliore?
R:Viaggi tanti, sia per piacere che per lavoro… il migliore deve ancora venire.
D:Che rapporto ha con gli studenti?
R:A questa domanda dovrebbero rispondere i miei studenti, ma dall’affetto che mi dimostrano direi “Toppissimo”.
D:Diventa un bambino, cosa cambierebbe?
R:Con la consapevolezza e le possibilità di oggi probabilmente tutto, l’unico punto fermo credo rimarrebbe la musica.
D:Come sarebbe un mondo senza musica?
R:sinceramente non riesco ad immaginarlo… direi semplicemente triste.
D:Che cosa voleva diventare da piccolo?
R:Da piccolo volevo fare il meccanico di moto, passione che non mi è mai passata, tanto da chiamare il mio primogenito Valentino… poi ho scoperto la musica
D:Ha praticato sport? Se sì, quali?
R: Sì, nuoto agonistico fino in prima media, poi rugby fino all’età di 17 anni.
D: Qual è il suo proverbio preferito?
R: Il primo che mi viene in mente è “Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi”… tipo quando mia moglie mi chiede di buttare la differenziata e lo faccio subito onde evitare di prendere dei nomi nei giorni seguenti…
D:Qual è il personaggio che per lei è di ispirazione?
R:Mark King dei Level 42.
D:Qual’è stata la svolta che la musica ha dato nella sua vita?
R:Premetto che ho avuto la fortuna di crescere e farmi esperienza musicalmente in un decennio, tra il 1990 ed il 2000, quando la musica dal vivo in Emilia Romagna ed in generale in tutto il nord Italia “spopolava”, quando i giovani della mia generazione erano abituati a sentire canzoni suonate da strumenti veri, esistevano ancora i negozi di dischi e la musica si sceglieva in base ai propri gusti… questo mi ha dato la possibilità di poter vivere di musica suonando nei locali e nelle feste, cosa che oggi non è più possibile fare o quantomeno molto difficile. Le nuove generazioni sono abituate ad ascoltare musica fatta al computer e le esibizioni dal vivo spesso sono limitate a dei vocalist accompagnati da basi musicali, o addirittura da Dj che mettono i dischi, anzi, neanche quelli perchè oggi è tutto digitale… detto questo, posso citare due momenti di svolta nella mia vita come musicista: il primo è stato suonare per 3 anni con la band di un partecipante di una edizione della trasmissione “Amici” e vincitore del festival di Sanremo nel 2010, periodo nel quale ho avuto la possibilità di calcare i palchi dei teatri, palazzetti e festival più importanti d’Italia; l’altro la possibilità di studiare e diplomarmi in conservatorio, scelta non facile perchè mi sono iscritto a 38 anni. Questo mi ha permesso, oltre che di crescere come musicista, anche di poter insegnare musica nella scuola pubblica e di essere qui oggi.
D:Che cosa vorrebbe dire ai ragazzi di oggi?
R:Di ragionare con la propria testa e non lasciarsi influenzare dalle masse.
Grazie prof. per la sua testimonianza e disponibilità!
Il progetto di Pet Therapy, che si è concluso in queste settimane, ci ha insegnato a interagire con gli animali traendone beneficio. Giorgia e Thelma, dell’Associazione Centro Cinofilo Val Luretta, ci hanno spiegato che l’addomesticamento degli animali da parte dell’uomo ha origini molto antiche, ma solo all’inizio del XX secolo si è capito quanto la vicinanza degli animali possa avere effetti positivi e terapeutici.
La dottoressa americana Erica Friedman, osservando per un anno pazienti dimessi dall’ospedale a seguito di problemi cardiaci, ha addirittura rilevato una correlazione tra la loro sopravvivenza ed il possesso di animali domestici. Dopo questa breve introduzione, Giorgia e Thelma ci hanno insegnato a prenderci cura di un animale dedicandogli tempo e attenzioni. Ci hanno anche detto che avere un cane da accudire contribuisce al nostro sviluppo cognitivo ed emotivo e ci insegna valori importanti come il rispetto, la fiducia, la pazienza; inoltre riduce l’ansia, l’aggressività e il senso di solitudine. Grazie a questo progetto, abbiamo anche imparato che avere un cane è un vero impegno, perché va spazzolato, curato, alimentato, ma va soprattutto rispettato! Ad esempio, lo sapevate che per accarezzarlo non bisogna mai mettergli la mano in testa ma sotto il muso? Insomma i cani si fanno tanto amare e ci regalano affetto, forza e benessere, ma attenzione al nostro approccio! Prima ci vogliono conoscere, per poi capire che possono fidarsi di noi!
Buongiorno a tutti, oggi avremo l’onore di intervistare uno degli scienziati più importanti, che ha rivoluzionato la scienza umana e il modo di pensare, un vero genio! Il suo nome è Galileo Galilei! E allora lasciamo spazio all’intervista.
D: Buongiorno carissimo Galileo, e benvenuto. Le volevo chiedere come si è avvicinato alla scienza e a quale età.
R: Innanzitutto buongiorno a voi. Ho iniziato a studiare nel monastero di Vallombrosa, dove mi trovavo molto bene e imparavo molte nozioni utili e interessanti; in seguito, dovete sapere che è stato mio padre a dirmi di iscrivermi alla facoltà di medicina dell’università di Pisa, dove però non mi sono trovato bene. Quindi ho abbandonato e mi sono dedicato alla matematica, la mia passione, che ai miei tempi era un’arte.
Immagine generata dall’IA
D: Come potrebbe descrivere il suo carattere ?
R: Penso di essere curioso, testardo, imparziale e intelligente e giusto un po’ goloso.
D: Ci racconti una curiosità sulla sua famiglia.
R: Come già sapete, vengo da Pisa. La mia famiglia è numerosa, mio padre è un musicista piuttosto bravo ma non ricco come mia madre vorrebbe. Sono tutti molto affettuosi e gentili, ma c’è sempre stato solo un problema: la fame!
D: Senta signor Galileo, potrebbe indicarci le sue principali invenzioni e scoperte?
R: Allora, le prime due sono: il compasso militare e il microscopio. Successivamente ho ideato il telescopio, che ho modificato prendendo spunto da un progetto degli olandesi, che originariamente lo usavano per divertirsi e giocare. Poi, nel 1609, ho utilizzato per la prima volta il telescopio puntandolo verso la luna e scoprendo che non era una sfera perfetta come i libri sacri e gli antichi dicevano. Questo ha dato il via ad una vera e propria Rivoluzione! Una innovazione, che forse tutti nel mondo conosceranno, è il Metodo Scientifico Sperimentale, che si divide in fasi; la prima consiste nell’osservare il fenomeno naturale, nella seconda invece si deve formulare l’ipotesi sul fenomeno osservato, nella terza, si deve riprodurre il fenomeno attraverso una serie di esperimenti, che possono confermare o negare l’ipotesi iniziale. Quindi si descrive la legge che guida il fenomeno con la lingua della matematica.
Ai miei tempi, infine, c’erano delle teorie riguardo l’universo: la più nuova era detta “Copernicana”, formulata da uno scienziato polacco, Nicolò Copernico, che era stato il primo a dichiarare, secondo i suoi studi, che la terra ruota intorno al sole e non è al centro dell’universo. Questa teoria era “pericolosa” perché contraddiceva le Sacre Scritture ma era giusta e io l’ho sostenuta a rischio della vita.
D: Cosa ha fatto quando le hanno chiesto di misurare l’Inferno?
R: Lo ammetto, faceva ridere anche a me, ma come sempre ho rispettato tutte le richieste, e ho formulato una tesi, che, anche se non corretta, ha convinto tutti e questa è una bella soddisfazione. E inoltre, mi hanno pagato bene!
D: Quando è stato convocato a Roma, al Tribunale della Santa Inquisizione, ha provato paura, terrore o rabbia?
R: È stato un brutto momento. Ho provato a resistere ma ero vecchio e stanco; ho quindi preferito concludere la mia vita tranquillamente e abiurare, cioè dichiarare che la teoria copernicana è falsa. Un brutto colpo. Poi sono dovuto stare agli arresti domiciliari nella mia casa di Arcetri. Lì ho continuato a studiare. So che oggi, dove c’era la mia casa, sorge un importante osservatorio astronomico, una bella eredità per chi vorrà studiare l’universo, come ho fatto io.
Signor Galileo, è stato un immenso piacere stare in sua compagnia e intervistarla, la ringraziamo per la sua disponibilità e per essere stato capace di cambiare il mondo!
Nei primi mesi del 2025, la classe terza A ha lavorato, nelle ore di arte, per realizzare dei disegni seguendo la consegna data dal prof. Bernini: avremmo dovuto disegnare un viale alberato in prospettiva con sfondo libero. Vi proponiamo alcuni dei nostri lavori.
Kaur NavneetLuca Pan
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Stefano BocentiSophia CellaJannat MajjatiDavide Villa
La redazione ha incontrato lo scrittore ed esperto ebraista
a cura della redazione
31/3/2025
Noi della redazione de “La voce dell’Olubra” abbiamo incontrato lo scrittore Matteo Corradini. Ci siamo preparati nelle settimane precedenti, leggendo i suoi libri ed esprimendo i nostri commenti e le impressioni. Chi non lo conosceva, ha provato a immaginarselo di persona, dopo aver conosciuto le sue opere, chi lo aveva incontrato in precedenza, ha provato a condividere un suo parere sul suo carattere e sul suo lavoro. Abbiamo anche preparato delle domande che gli abbiamo posto. Ecco la nostra intervista, buona lettura!
D: Ci ha un po’ lasciato in sospeso il finale aperto del libro “Solo una parola”, perché ha deciso di far continuare a noi la storia?
R: Il finale aperto si usa se si vuole scrivere una serie. Non è nella mia intenzione. Quindi, non è un finale aperto. Condivido una cosa con Leonardo Da Vinci: la data di nascita. Avete presente la Gioconda? Come sono le sue gambe? Non si vedono. Possiamo dire che la Gioconda non è finita? No. Non è neppure un quadro aperto. È finita così. Quello che non c’è, se lo immaginano i lettori. Roberto, protagonista del libro “Solo una parola” è davvero esistito, è ispirato a Roberto Bassi, che si è nascosto a Venezia, si è salvato, ha fatto il dermatologo, ha curato la pelle delle persone. Nel libro c’è un ricordo del suo lavoro: la pelle di Lucia con le lentiggini. È morto tre settimane fa. Chi legge il libro, si immagina il finale: io me lo immagino positivo.
D: Sappiamo che è stato chiamato dalla Juventus per fare un intervento sul campo dello Juventus Stadium: ci racconta com’è andata?
R: Gli ultras della Lazio avevano fatto una figurina con la faccia di Anne Frank. Il messaggio, non nuovo, era: “Voi siete ebrei -ed ebreo è inteso come un insulto- e farete una brutta fine”. Anne Frank è molto famosa e tutti conoscono la sua faccia. Allora la FIGC ha deciso che in tutti i campi sarebbe stata letta una parte del famoso diario di Anne, prima della partita. Così, mi chiedono di leggere allo Juventus stadium: 45000 persone, stadio al buio, nessuna pubblicità, silenzio totale. Temevo contestazioni forti ma non è stato così. Un’esperienza davvero singolare. Restando in tema di sport, il mio ultimo libro, “La spada non mi ha salvata”, è dedicato a Helene Mayer, fiorettista tedesca, campionessa assoluta in Germania e negli USA; la più grande schermitrice del Novecento, per il famoso periodico statunitense “Sport Illustrated”. L’unico neo di Helene, nella Germania di Hitler, era di avere un padre ebreo. Riuscì comunque a partecipare alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, per la nazionale tedesca. Come ci riuscì da ebrea, lo racconto nel libro in modo originale. Ho cercato di scrivere una storia nota con uno stile nuovo, particolare.
D: Come reagisce alle critiche negative riguardo ai suoi libri, se ci sono?
R: Fino a qualche tempo fa, avevo dei social, poi mi sono stufato, mi sembravano posti disumani. “La vita è troppo breve per aspettare che la chiavetta usb si disattivi” era scritto sulla t-shirt di un mio amico. La vita è breve, dico io, per dedicare troppo tempo ai social network. Quindi, ho chiuso tutto. Non mi sono mancati e non mi mancano. Quello che posso dire, è: “Uscite”. Non meritano il vostro tempo. Quando sarò ministro dell’istruzione, raddoppierò lo stipendio ai professori e renderò illegale la gomma da cancellare. Lo slogan sarà: “Cancelliamo le gomme”. Non siamo abituati a guardarci indietro e vedere gli errori fatti in modo da rifletterci sopra, solo ad accumulare nuovi post in modo che le cose vecchie vengano dimenticate e cancellate. In un testo scritto a computer, correggi gli errori e questi spariscono. Se scrivi a mano e non usi la gomma, però, puoi tirare una riga sull’errore ed andare a riguardare cosa c’è che non va. Così puoi imparare dai tuoi errori.
D: Spesso le sue letture pubbliche o i suoi spettacoli comprendono la musica dal vivo, insieme alle parole: cosa può dare, in più, la musica a chi ascolta le sue storie? E lei, di solito, ascolta musica mentre scrive? Se sì, quale?
R: 26 gennaio 2025, teatro della Fenice a Venezia, uno dei più bei teatri al mondo. Ore 7.30 del mattino. Teatro vuoto. Dopo qualche ora, sarei entrato in scena, con un mio spettacolo. La voce è strana, un po’ è dentro di te, un po’ finisce nelle orecchie degli altri. Il mio corpo sarebbe restato sul palco, il suono della voce se ne sarebbe andato in giro e avrebbe raggiunto tutti gli spettatori. Lo stesso vale per la musica. È la sorella della voce. A volte, quando scrivo, ho bisogno una compilation, di generare impressioni, di un mood giusto. Non è una colonna sonora, la musica mi accompagna, mi dà le sensazioni giuste. E ascolto veramente di tutto.
D: Dove riesce a recuperare gli oggetti originali dell’epoca della Shoah?
R: Ho molti oggetti del periodo della Shoah che ho recuperato a Praga, a Berlino, a Londra. Ci sono antiquari, mercati e mercatini. Gli oggetti sono importanti perché raccontano una storia, anche i più piccoli. Sono quello che resta quando i loro proprietari se ne sono andati, ci parlano di loro.
D: Lei ha incontrato molte persone famose, testimoni della storia: qual è l’incontro che le ha dato più emozioni?
Ogni testimone lascia un segno. Se devo sceglierne uno, scelgo Virginia Gattegno che era stata ad Auschwitz. Era veneziana e una cara amica, ho scritto un libro sulla sua vita. Quando ci siamo incontrati per scrivere la sua vita, ha preso una scatola con alcune foto e abbiamo cominciato da un’immagine che non mi aspettavo: non parlava di deportazione ma era una foto risalente a 12 anni dopo Auschwitz, dove peraltro lei aveva perso quasi tutta la famiglia. La foto era di una festa. Le ho chiesto che cosa aveva fatto prima. È la domanda che ci facciamo quando vogliamo sapere qualcosa di chi abbiamo davanti. Per Virginia, la vita non era solo Auschwitz ma molto di più, erano le feste, l’amore, le persone, i viaggi.
Concludendo, cosa abbiamo capito noi della redazione tra le righe di questa bellissima intervista? Innanzitutto che gli scrittori vedono la realtà con occhi diversi, colgono i dettagli delle parole, degli oggetti, delle cose che ci circondano e li interpretano, dando loro una veste nuova, una interpretazione nuova. Vivono le coincidenze, le collezionano. Amano gli scherzi creativi, non sono capaci di dire di no, sono aperti a quello che li circonda e per questo vivono fantastiche avventure che poi noi possiamo leggere nei loro libri.
Il giorno 4 aprile, i bambini di prima della scuola primaria “Tina Pesaro” si recheranno al campo giochi di via Fratelli Bandiera per una mattina di giochi in ricordo della strage di Pizzolungo, dove persero la vita Giuseppe e Salvatore Asta, di 6 anni e la madre Barbara Rizzo. Si tratta di un evento all’interno del progetto sulla legalità che verrà gestito dalle classi 2 A e 2 E della scuola secondaria “Giuseppe Mazzini”.
“Le parole sono come vasi di fiori che cadono dai balconi, se sei fortunato le schivi e vai avanti sulla tua strada, se invece sei un po’ più, diciamo, lento, ti centrano in pieno e ti uccidono“ (“Il ragazzo dai pantaloni rosa”)
Le parole sono più di semplici suoni o segni scritti. Sono chiavi che aprono mondi, sono strumenti che ci permettono di entrare in contatto con gli altri, di raccontarci, di esprimere ciò che siamo e ciò che proviamo. A volte, una parola può curare, altre volte può ferire, ma sempre lascia un segno. Le parole hanno un grande potere. Eppure, non sempre riflettiamo su come le usiamo. Troppo spesso dimentichiamo che ogni parola ha un peso, che ogni frase può avere conseguenze. Così in seguito a queste riflessioni gli alunni della 2°E, hanno deciso di leggere un libro per approfondire l’argomento.
Il libro in questione ha una storia che comincia a Venezia, nel 1938. Roberto, ovvero il protagonista del libro, è un ragazzo normale, o almeno così crede da tempo. Finché chi gli sta vicino comincia a fargli notare quanto sia diverso da tutti gli altri, visto che porta gli occhiali. E forse è meglio che nessuno li veda con lui e forse è meglio che cambi scuola, che vada a scuola tra ragazzi che portano tutti gli occhiali. Questo romanzo di Matteo Corradini, descrive ciò che gli ebrei hanno vissuto, attraverso la metafora della storia di esclusione di Roberto, dei suoi amici e della sua famiglia. Le leggi, le restrizioni e gli sguardi critici avevano creato una tensione che nessuno poteva evitare. Roberto non riusciva a capire perché essere diversi fosse un motivo di esilio. Le lenti non avevano mai modificato chi effettivamente era, ma per alcune persone apparivano una linea sottile di differenza fra lui e gli altri…Lo scrittore ha deciso come titolo del libro “Solo una parola” così da sottolineare l’importanza delle parole, non solo come strumenti di comunicazione, ma anche come elementi carichi di significato e potere, in grado di influenzare profondamente le vite delle persone. Infatti il libro vuole riflettere sull’impatto che una sola parola può avere, specialmente in un contesto di grande sofferenza e tragedia come quello della Shoah.
Dopo la lettura, la classe ha lavorato realizzando alcune poesie per esprimere cosa significano le parole, cosa possono fare e come usarle. La nostra riflessione si completerà con la visione del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.
Ecco due delle poesie scritte da noi:
Una parolaDi Martina Sircello e Ilaria Peluso
Una parola dolce e l’umore ti capovolge
una parola che ferisce
ma le ferite non sono in superficie
Una parola grande e gentile
la felicità ti fa salire
una parola grande e immatura
ti fa sentire insicura
Non dare per scontato le parole che dici
perché potrai perdere amici
Stai attento a usare le parole
perché possono essere pistole
che sparano dritte al cuore
Le paroledi Fede Tramonti e Rebeka Hyka
Le parole sono chiavi preziose
che aprono mondi e curano cose
sanno ferire, sanno abbracciare
fanno sorridere o fanno tremare
Sceglile bene, non usarle invano, sono il riflesso
Anche quest’anno, come da tradizione, la nostra scuola ha progettato e realizzato diverse mobilità grazie al progetto europeo Erasmus+. Agli studenti delle classi terze è stata offerta la possibilità di realizzare uno scambio con una scuola finlandese: avremmo ospitato i compagni stranieri a novembre e, a febbraio, saremmo partiti per una settimana in Finlandia, nella città di Vaasa, ospiti dei nostri amici. Finalmente, il 6 febbraio, siamo partiti dall’aeroporto di Milano Linate, accompagnati dalle professoresse Ceruti e Stefli. Nonostante il ritardo dell’aereo, aver perso la coincidenza per lo scalo ad Amsterdam e aver quasi dato per disperse le valigie, intorno alle ore 01:30 siamo arrivati in hotel a Helsinki.
L’indomani mattina, con calma, abbiamo fatto un giro per la città e visitato i monumenti principali, come le due cattedrali, la piazza del senato e il lungomare. Nel primo pomeriggio, ci siamo diretti verso la nostra destinazione finale, ovvero la città di Vaasa, in treno. Sabato, ci siamo recati nella parte vecchia della città e ci siamo divertiti a più non posso andando sulla neve con gli slittini, poi abbiamo fatto merenda con i marshmallow abbrustoliti sul falò ed infine ci siamo recati in un edificio storico per cenare e svolgere alcune attività legate al nostro progetto.
Il giorno dopo, ci siamo diretti alla fattoria Kertu. Tra caprette, lama, pecore, pony, galline e conigli c’erano anche le renne, a cui abbiamo potuto dar da mangiare dei licheni. Più tardi ci siamo riuniti intorno ad un falò e abbiamo mangiato delle ottime salsicce alla brace. Dopo una bella battaglia a palle di neve, siamo tornati ognuno a casa sua per fare una rilassante sauna.
Il lunedì abbiamo visitato la nostra scuola partner ed il preside ci ha accolto nel loro auditorium, dove abbiamo imparato un ballo tipico e suonato uno strumento a corde chiamato “Kantele”; successivamente abbiamo seguito delle lezioni insieme ai ragazzi. Il martedì ed il mercoledì, oltre a stare a scuola, abbiamo partecipato ad attività sportive molto particolari e divertenti, tra cui l’ice fishing, il floorball ( ovvero una sorta di hockey su pavimento) e il pattinaggio sul ghiaccio. Abbiamo inoltre assistito ad una partita di hockey, e visto la fantastica aurora boreale, un sogno!
L’ultima sera, oltre ai saluti finali, abbiamo fatto un laboratorio di cucina a scuola (ebbene sì i ragazzi finlandesi hanno anche questo laboratorio nella loro scuola). Dopo esserci divisi in gruppi, ci hanno dato la ricetta per cucinare le squisite girelle alla cannella. Dopo i saluti e tantissime lacrime, siamo tornati a casa dei nostri ospiti. Giovedì mattina, siamo partiti da Vaasa in treno per dirigerci a Helsinki e da lì, tornare in Italia.
Per me, è stata un’esperienza indimenticabile e purtroppo irripetibile. Grazie al progetto Erasmus+ si hanno grandissime possibilità come costruire nuove amicizie e stringere nuovi rapporti, consolidare l’inglese, conoscere nuove culture e paesi.
Mercoledì 19 febbraio scorso, le classi prima C e prima E si sono recate in biblioteca per assistere alla presentazione di un’iniziativa molto interessante, il progetto “Corsa contro la fame”. L’incontro è durato un’ora, durante la quale un’operatrice dell’associazione “Azione contro la fame” ci ha spiegato con competenza e passione che la malnutrizione di tanti bambini e la fame nel mondo sono un problema molto serio e che ancora oggi 45 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta grave e per questo rischiano la vita.
Ci hanno spiegato che la malnutrizione è causata sia dalla mancanza di accesso al cibo e all’acqua potabile sia da un’alimentazione poco variata e carente di nutrienti vitali. A Tale proposito ci ha anche detto che, se noi mangiassimo sempre e soltanto il nostro cibo preferito, anche noi potremmo soffrire di carenze nutritive perché la nostra alimentazione non sarebbe bilanciata. Quest’anno gli operatori di “Azione contro la fame” si indirizzeranno verso una zona dell’Africa centrale, la Costa d’Avorio: porteranno lì i kit contenenti le fascetta per misurare la dimensione del braccio del bambino e valutare la malnutrizione, oltre agli alimenti in pasta a base di burro di arachidi, molto nutritivi, capaci di rimettere in salute i bambini malnutriti.
Ci hanno detto che i kit, ovviamente, hanno un costo e, per acquistarli e darli ai bambini che hanno bisogno, serve l’aiuto economico di tutti, anche delle nostre classi! E’ per questo che gli studenti della scuola media dell’Istituto Casaroli andranno a correre presso il parco di Villa Braghieri e daranno vita all’evento: “Corsa contro la Fame”. Prima ci accorderemo con i nostri genitori, che diventeranno i nostri sponsor, ed otterremo un compenso per ogni giro di corsa che faremo, poi con la collaborazione degli insegnanti, devolveremo il guadagno all’associazione “Azione contro la fame”. Insomma, sarà un’occasione per impegnarci per gli altri e non solo per noi stessi e per capire quanto siamo fortunati ad avere ogni giorno il cibo di cui abbiamo bisogno.