Intervistiamo la professoressa Takako Kakimoto

di Carlotta Liberali, Rachele Bertoni, Carolina Rebecchi

23/3/2023

Noi ragazze di prima A siamo sempre state affascinate da luoghi lontani rispetto l’Italia ed, in particolare, ci ha sempre colpito il Giappone. Ci siamo sempre fatte molte domande su questo lontano stato e sui suoi abitanti e quindi, quando abbiamo scoperto di avere una professoressa che viene proprio dal Giappone, non ci siamo lasciate sfuggire l’occasione. Abbiamo chiesto di rispondere alle nostre domande alla prof. Kakimoto Takako, che ha accettato molto gentilmente. Se volete dunque scoprire gusti, passioni passatempi di una persona giapponese, potete leggere la nostra intervista!

D: Per noi lei è molto disponibile e aperta a tutti, come vede dal suo punto di vista i ragazzi?

R: Alcune volte fin troppo vivaci, ma molto socievoli e affettuosi.

D: Il suo nome ha un significato particolare?

R: Per spiegarvi il significato del mio nome vi devo dire che noi giapponesi usiamo tre tipi di caratteri: hiragana, katakana e kannji. I primi due si leggono come l’italiano, ci sono 46 sillabe più 58 variabili; il kannji invece, utilizza gli ideogrammi per cui ogni lettera ha un significato. Pensate che in giapponese ci sono più di 50.000 ideogrammi! Di cui 3.000 di uso comune! Il mio nome in ideogrammi significa “bambina preziosa”.

Il nome della prof.ssa Takako Kakimoto in ideogrammi

D: Qual è la sua città di origine?

R: Vengo dal sud di Nagasaki. È la città più orientale del Giappone.

D: Perché è venuta in Italia?

R: Sono venuta in Italia per studiare canto lirico.

D: Quali sono gli aspetti della cultura italiana che non sono presenti in Giappone e viceversa?

R: La cultura italiana è più libera e flessibile di quella giapponese. I giapponesi, infatti, sono molto precisi e se non ci sono regole vanno in confusione!

D: Secondo lei quali sono le caratteristiche di un bravo insegnante?

R: Passione e serenità.

D: Cosa le piace fare nel tempo libero?

R: Cantare e suonare il pianoforte.

D: Da piccola, cosa aveva in mente da fare da grande?

R: Alle elementari volevo diventare pianista e quando avevo la vostra età insegnante di musica. Questo perché, in passato, ho conosciuto degli insegnanti di musica e ammiravo la loro organizzazione, così volevo diventare come loro.

D: Qual è il suo piatto giapponese preferito?

R: È il sushi con il pesce crudo e fresco.


Grazie professoressa, o per meglio dire: “Arigatō”!

“Per questo mi chiamo Giovanni”, un libro per riflettere

Autore: Luigi Garlando

di Rachele Bertoni e Lorenzo Groppi

13/03/2023

Si avvicina la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie”, che si celebra il 21 marzo e noi vogliamo proporvi una riflessione a partire da uno dei più famosi libri italiani per ragazzi che parlano della lotta alla mafia “Per questo mi chiamo Giovanni”.

Lorenzo, un nostro compagno, dopo aver letto il libro, ha scritto le sue riflessioni, che vi proponiamo.

Giovanni, il protagonista del libro, è un ragazzino che vive a Palermo e frequenta la scuola primaria. Suo padre, per il suo decimo compleanno, gli fa un regalo speciale: una giornata da trascorrere insieme. Lo scopo del padre non è far saltare un giorno di scuola al figlio, ma raccontargli chi è Giovanni Falcone, cosa ha fatto e perché per quel figlio hanno scelto proprio quel nome. Questo libro mi è piaciuto moltissimo perché è scritto in modo semplice e riesce a spiegare bene e con esempi pratici di vita reale cosa è la mafia. Ho capito che quest’ultima sembra una cosa lontana invece è “vicina” a noi in tante forme, ne sono un esempio gli episodi di bullismo. Questo libro incoraggia a non nascondere le cose sbagliate che ogni giorno viviamo, a non tacere e a non “mettere la testa sotto la sabbia” come lo struzzo, dicendo “tanto a me non riguarda, io non c’entro”. Il padre racconta di Giovanni Falcone perché ha capito che nella scuola frequentata dal figlio ed in particolare nella sua classe c’è qualcosa che non va: c’è un ragazzino, Tonio, che è un bullo. Spera che, capendo l’impegno che Giovanni Falcone ha messo nel suo lavoro e il perché lo ha fatto, anche suo figlio Giovanni possa capire come risolvere la situazione. Una cosa che mi ha colpito molto è come i compagni di classe di Giovanni ed anche lui stesso, prima del cambiamento, decidano di tacere per paura che Tonio possa fare loro qualcosa di male: anche questa è in un certo senso una forma di mafia perché l’omertà, cioè il tacere e il non raccontare una cosa brutta per paura, è proteggere il bullo e far diventare una cosa sbagliata un’abitudine. In questo caso l’azione sbagliata non viene più percepita come tale perché a furia di farla diventa una routine, ci si abitua a farla e questo non è giusto. Giovanni capisce questo anche ascoltando il racconto diretto di quello che è successo al padre ed il perché la sua scimmietta di peluche ha le zampe bruciate. Dopo il racconto del padre, sa come reagire di fronte a Tonio, sa cosa è giusto fare: così affronta il bullo. Secondo me ha fatto la cosa giusta perché ogni giorno possiamo trovarci a vivere una situazione del genere ed è giusto ribellarsi ai soprusi.

Recensione del libro: “L’inventore di sogni”

Autore: Ian Mc Ewan

di Bertoni Rachele, Bocenti Stefano e Gentili Damiano

13/3/2023

Il libro è formato da un insieme di racconti tratti dai pensieri di un ragazzo di nome Peter Fortune che ama “sognare ad occhi aperti”. In ogni racconto, Peter vive un’avventura immaginaria, creata dalla sua mente. Vive insieme alla sua famiglia ma gli adulti lo considerano un bambino difficile perché appare silenzioso e ama starsene per conto suo a fantasticare.

Una delle avventure più belle del libro è intitolate “Il gatto”. In questa storia accade un fatto incredibile: l’anima di Peter si scambia con l’anima del suo gatto William e vive per un  giorno nella sua pelle. 

Questo libro non è del tutto nuovo per noi, infatti, essendo molto famoso, ne avevamo già letti alcuni brani. Ci siamo ritrovati in Peter perché anche a noi piace immaginare storie di fantasia: anche se alcuni adulti la giudicano un’attività infantile, è un modo per sfuggire alla noia. Proponiamo la lettura di questo libro a chi dice di non pensare mai a nulla, di non fantasticare mai. E’ infatti un libro adatto a tutti, anche agli adulti, che dovrebbero leggerlo perché imparerebbero a capire meglio il punto di vista di noi ragazzi che, a volte, ci sentiamo non capiti da loro. 

La Giornata della Memoria e dell’Impegno 2023

a cura della redazione

13/3/2023

Come già da numerosi anni, insieme all’associazione Libera, la nostra scuola celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le vittime innocenti delle mafie con la lettura dei nomi delle vittime stesse. La celebrazione si svolgerà il giorno 22/3 presso l’angolo della legalità della nostra biblioteca e presso il nostro giardino interno, dove i ragazzi di terza hanno allestito “Il giardino della Memoria e Impegno”.

A lezione di fotografia con Massimo Bersani

a cura della redazione

13/03/2023

La nostra redazione ha avuto la fortuna di incontrare il famoso fotografo Massimo Bersani che ci ha fatto lavorare e riflettere sulla fotografia. Abbiamo iniziato con il chiederci cos’è una fotografia? Uno scatto, un momento, un’immagine. Abbiamo imparato che la fotografia è una cosa che fa la luce. La LIM proietta un’immagine, il libro contiene un’immagine stampata dalla stampante ma la fotografia vera è fatta dalla luce. Poi ci siamo chiesti se la fotografia rappresenta sempre la realtà. Quando guardiamo la fotografia, siamo portati a credere che quello che vediamo sia vero. Tra un disegno è una foto, ci sembra più credibile la fotografia; ci porta a credere che quello che è raffigurato sia una cosa vera. Ma noi percepiamo il mondo in base a quello che vediamo, dal nostro punto di vista.

Quindi la fotografia non rappresenta la realtà. Ma quello che noi stiamo vivendo. Ad esempio, se sono triste vedo quello che mi circonda in un certo modo, mi comunica emozione. Comunicare un’emozione, non è per nulla facile. Nella redazione, noi usiamo le parole, questo aiuta a comprendere il significato di una immagine. La domanda è: è vero quello che vedo? La risposta: non è sempre vero. La verità è che ognuno vede la sua verità.

Quando analizziamo delle immagini, per raccontare una storia, le immagini devono avere una logica, un collegamento. Quando realizziamo un’immagine singola, dobbiamo sempre pensare che la realizziamo per chi non sa nulla di quello che succede. Dobbiamo inserire tanti elementi: dove, quando, cosa è successo. Se non ci sono didascalie, a volte, le foto non sono comprensibili.

Il fotografo Bersani ci ha dato numerosi consigli su come scattare foto, sui formati e su come esercitarci per inserire un’emozione nelle nostre immagini. Ci ha lasciato dei compiti che gli sottoporremo durante il prossimo incontro.

I narcisi di Anne

a cura della redazione

13/03/2023

Durante l’anno scolastico passato, grazie al progetto Erasmus + “Human rights, hidden figures”, un gruppo di compagni di terza si era recato ad Amsterdam, per un bellissimo viaggio di istruzione sulle tracce di Anne Frank. I ragazzi avevano riportato dalla capitale dei fiori, alcuni bulbi di narciso, fiore particolarmente simbolico in quanto, nella forma, ricorda una stella gialla simbolo degli ebrei durante le persecuzioni naziste.

Finalmente, dopo l’inverno, i narcisi sono fioriti e ci hanno regalato un punto di colore e un ricordo vivo dell’esperienza fatta che ci aiuta a tenere accesa la Memoria.

Le fotografie che hanno fatto la storia

di Alessia Cagnani e Carlotta Codazzi

27/2/2023

In questo periodo, con la nostra redazione, abbiamo iniziato a lavorare sul linguaggio fotografico, su come siano importanti le immagini nel giornalismo, per documentare i fatti ma anche per trasmettere emozioni. Abbiamo visto alcune delle fotografie più famose del passato e alcune ci hanno particolarmente colpito, eccole!

“Le Baiser De L’Hotel De Ville” (Il bacio dell’Hotel de Ville)

“Il bacio dell’Hotel de Ville” è una celebre foto scattata da Robert Doisneau. L’immagine vuole mostrare l’umanità dopo anni di guerra, in un gesto così semplice, naturale e vero. Venne scattata negli anni ‘50 a Parigi e mostra due ragazzi innamorati intenti a scambiarsi un bacio. L’artista Robert Doisneau stava realizzando un servizio fotografico per la rivista americana Life e, passeggiando per le strade parigine alla ricerca di ispirazione, vide questi due ragazzi che si scambiavano questo tenero gesto. Doisneau chiese di replicare il bacio e di posare per lui. I due ragazzi, giovani attori, innamorati, sono diventati un’icona, simbolo dell’amore spontaneo. Io sono molto appassionata di fotografia e mi piace molto questo genere di foto, spontanee e che trasmettono tranquillità, a volte addirittura commoventi. Prima non conoscevo questa foto e ora ne sono innamorata. E a te piace questa foto?  

“Flower Power”

Questa foto rappresenta un ragazzo che mette dei fiori nelle canne dei fucili dei soldati. E’ stata scattata per il quotidiano, ormai chiuso, ”The Washington star”  il 21 ottobre del 1967 durante la “Marcia sul pentagono” da un fotografo di nome Bernie Boston. E’ un’immagine molto bella d’impatto emotivo, è un modo molto originale per esprimere il desiderio anzi la necessità della pace nel mondo. Purtroppo molte persone non ne capiscono il significato ed infatti ancora oggi ci sono molte guerre nel mondo, anche non molto lontano da noi dove ogni giorno muoiono persone innocenti. La foto è stata scattata in bianco e nero, come la pace e la guerra, dove la prima è bianca piena di luce e la seconda è nera colma di buio e non ci sono vie di mezzo. Quest’azione ci ha colpito perché rappresenta  pace e fratellanza. Il ragazzo della foto  ha compiuto un bellissimo gesto, molto forte coraggioso. Se mi dovessero chiedere la mia foto  preferita,  risponderei quella del ragazzo che mette fiori nei fucili, perché sarebbe meraviglioso un mondo dove i soldati si addestrano per fare del bene e invece di uccidere lanciano fiori.

L’incredibile vittoria del Gas Sales Bluenergy

Di Carlotta Codazzi

27/2/2023

Il 26 febbraio, la squadra di Piacenza Gas Sales ha vinto la Del Monte Coppa Italia stracciando la squadra di Trento. Sia la semifinale che la finale si sono svolte al palazzo dello sport di Roma. Durante la semifinale, si sono affrontate Perugia e Piacenza: la squadra piacentina ha vinto 3-0. L’altra semifinale, ha visto fronteggiarsi Milano contro Trento e ha vinto la squadra di Trento per 3-2 . Così, Trento e Piacenza si sono aggiudicate l’accesso alla finale e si sono affrontate per aggiudicarsi la coppa del vincitore. Il Trento ha dato del filo da torcere durante il primo set, ma nonostante ciò il Piacenza ha vinto 30-2; durante il secondo set, il Piacenza non molla e vince 25-20; durante l’ultimo set la squadra risulta unita, in sintonia e, grazie a questo la vittoria va al Gas Sales durante l’ultimo set per 25 a 22 punti. Ad assistere alla finale, c’è stato anche il presidente Mattarella che ha anche consegnato la coppa al capitano della squadra, Brizard, che ha commentato che è davvero orgoglioso della sua squadra. Concludiamo facendo i complimenti a questa incredibile squadra che ha fatto esultare i tantissimi pallavolisti e le pallavoliste che si allenano nelle squadre del nostro paese!

La poesia secondo la classe prima A

di Carolina Rebecchi e Carlotta Liberali

27/2/2023

Noi della classe 1^A abbiamo iniziato, in classe, un percorso sulla poesia. Per prima cosa, ci siamo chiesti quale definizione dare alla poesia. Al di là della definizione che è scritta sul dizionario, abbiamo visto che ognuno ha  una percezione diversa della poesia perché è un argomento difficile, soprattutto da descrivere, anche per scrittori e per gli stessi poeti. Abbiamo capito che l’unico modo per descrivere la poesia è… usare la poesia! Così ci abbiamo provato anche noi, inventandoci brevi testi contenenti delle similitudini. Alcune di queste erano molto originali: le abbiamo unite e abbiamo creato un video da condividere.

Buona visione!

Intervista (forse) possibile a… Paola Egonu

DI Giada Maiocchi e Rezarta Doka

27/02/2023

Siamo due pallavoliste e vogliamo raccontarvi di un’atleta che è per molti motivo di ispirazione: Paola Egonu.

D:Come ti chiami?

R: Il mio nome è  Paola Ogechi Egonu.

D:Quando sei nata e quanti anni hai?

R:Sono nata a Cittadella il 18 Dicembre 1998 , quindi ho venticinque anni.

D: Qual è la tua professione?

R:Lavoro come pallavolista ma non tutti sanno che nel frattempo studio ragioneria a Milano.

D:Che origini hai?

R:Ho origini nigeriane.

D:Dove ha inizio la tua mitica storia?

R:Ho iniziato a giocare proprio nella mia città di nascita: Cittadella.

https://dal15al25.gazzetta.it/2022/07/18/video-la-schiacciata-da-record-di-egonu/

D:E poi, dove sei andata per arrivare alla serie A?

R:Mi hanno chiamato nel Team Federale del Club Italia in Serie B1; mi sono impegnata molto per quattro intensi anni per arrivare a quel traguardo.

D:Quanto sei alta?

R:Sono alta un metro e novanta.

D:Da quanti membri è formata la tua famiglia?

R:La più ristretta da cinque persone: io, mia madre Eunice, mio padre Ambrose, mio fratello Andrea e mia sorella Angela.

D:Hai qualche parente pallavolista?

R:Sì, mia cugina!

D:Hai viaggiato molto grazie alla pallavolo?

R:Ho viaggiato molto, per esempio ho giocato in Serbia, Croazia, Romania e Bulgaria.

D:Che ruolo ricopri nella tua squadra attuale?

R:Opposto

D:Che rapporto hai con la nazionale italiana?

R: Ho un rapporto molto bello con le mie compagne, ma nell’ultimo periodo non gioco più perché ho deciso di prendermi una pausa.

D:Come ti senti quando ti dicono degli insulti razzisti?

R:Inizialmente, alle prime partite, capitava molto spesso che i genitori delle ragazze contro cui stavo giocando mi facessero dei versi, mi deridessero, per questo ci rimanevo male e  finita la partita andavo in spogliatoio e mi mettevo a piangere, pensavo di essere io sbagliata. Ora, però,  ho capito che avevano torto loro.

D:Perché hai scelto di partecipare al festival di  Sanremo? Ti è piaciuto? 

R:Ho scelto di partecipare perché un mio sogno era di far sentire la mia voce su questo argomento, cioè la lotta contro la violenza del razzismo, che ha toccato molto la mia vita. Volevo far arrivare il messaggio ad un gruppo di persone molto vasto come a quelle che seguono Sanremo e ce l’ho fatta!

Grazie per l’intervista che speriamo diventi possibile!