La diversità unisce, come racconta una favola scritta da noi!
di Rachele Bertoni
6/2/2023
Un’altra favola dalla classe 1 ^ A. Il testo si intitola: “Chiacchere tra amici” e i protagonisti sono un pappagallo e una televisione. Tra un litigio e l’altro, scopriranno di avere una passione in comune: quella di parlare. Ma chi parlerà meglio (e di più): il pappagallo o la televisione?
In un piccolo appartamento, una mattina, entrò un piccolo pappagallino e vide un oggetto strano, rettangolare e nero. All’ improvviso, lo strano oggetto si accese e iniziò a balbettare. Il pappagallo disse: – Cosa? – con la sua voce gracchiante; la televisione rispose: – Cosa vuoi? – e il pappagallo ripeté: – Cosa vuoi? – .
La televisione disse: – Io vorrei che tu smettessi di ripetere quello che dico! – Il pappagallo rispose: – Questa è la mia personalità- e la televisione: – Lo so bene perché sono intelligente – . Il pappagallo si arrabbiò: – Ma io parlo meglio – la televisione replicò: – Sono sicura che, oltre a essere intelligente, so parlare meglio di te perché non gracchio così tanto -.
Il pappagallo sentì che avevano qualcosa in comune e disse: -Visto che sappiamo parlare bene tutti e due chiacchieriamo un po’, sai la novità? L’elefante Piero si è sposato! – Così la televisione e il pappagallo iniziarono a parlare allegramente, da vecchi amici e riuscirono a superare ogni divisione.
La morale è: la diversità unisce anche quando non te lo aspetteresti mai!
Noi della classe 1^A, lavorando a gruppi, abbiamo scritto delle favole con protagonisti animali o oggetti personificati. Una di questi è “Un tipo strano”, scritta dai nostri amici Davide, Darius e Stefano. I protagonisti sono una balena e un brontosauro, creature diverse ma che, comunque, vincendo i pregiudizi, possono essere amiche. Buona lettura.
La balena Ariel viveva nell’oceano con il suo branco. Insieme alle sorelle, amava saltare e fare evoluzioni fuori dall’ acqua. Un giorno, avvicinandosi ad un’isola, videro uno strano animale.
– Guarda quel tipo- disse, sua sorella Betta
– Com’è strano e brutto con il suo collo lungo e le sue zampe corte!-
– E’ talmente brutto che sicuramente sarà anche cattivo, infatti è tutto solo: nessuno vorrà stare con lui- aggiunse Ariel.
Qualche giorno dopo, ci fu una forte tempesta e nell’oceano si crearono correnti fortissime. Le balene cercarono di stare unite ma Ariel fu spinta lontano, nonostante nuotasse con tutte le sue forze. A un certo punto svenne per la stanchezza e, quando riaprì gli occhi, si ritrovò su una spiaggia. Iniziò a muoversi freneticamente presa dal panico: – Se non riesco a raggiungere il mare morirò- pensò piangendo. Ad un tratto vide una gigantesca ombra avvicinarsi; era quella strana creatura che aveva visto qualche giorno prima.
– Ciao! Sono Arlo, hai bisogno di aiuto? –
– Non mangiarmi- urlò Ariel piena di paura.
– Non preoccuparti! Non ti farò del male; io sono un brontosauro non mangio altri animali, mi piacciono solo le tenere foglie degli alberi! Ti ho visto nuotare e fare splendidi salti qualche giorno fa. Cosa ci fai qui? –
– La tempesta mi ha spinto fino a questo punto. Se non raggiungo il mare morirò – disse Ariel.
– Non preoccuparti ci penso io – e con il suo muso Arlo iniziò a spingere Ariel verso l’acqua.
Quando la balena riuscì a raggiungere l’ oceano, piena di gratitudine si girò e disse al dinosauro:
– Grazie mille! Sei stato molto bravo e gentile. È proprio vero che non bisogna mai giudicare nessuno dalle apparenze!-
My class 2B, together with class 2A, participated in a language exchange project with a French school, with our English teacher Ms. Ceruti. We posted about ourselves on a Padlet board (a virtual notice board we sometimes use for our projects), then met the French kids online and introduced them to our Giuseppe Mazzini school. The French students then sent us some cards with their new year’s greetings. We too have reciprocated by making cards for them with our wishes.
This is the card I made for Sara, a French girl:
“Dear Sara, hello! Thank you for your beautiful card. My holidays were really nice, not boring and I spent time with my family and friends. I went to the seaside, and I visited different beaches. For the new year I ate dinner in a restaurant near the sea. Unfortunately when I came back I started my homework. These were my holidays. I hope you had a good holiday, too. Bye bye, Camilla”
A dicembre, la mia classe ed io abbiamo scritto dei testi narrativi che dovevano essere ispirati ad un quadro che la nostra professoressa ci ha proiettato alla LIM. L’immagine scelta rappresentava un quadro della Galleria Ricci Oddi di Piacenza, intitolato “Uomo con slitta sulla neve” del pittore Cesare Maggi, datato 1910. Inizialmente ero a corto di idee; poi, ho osservato meglio il quadro e mi sono accorta di una montagna sullo sfondo. Pensando a cosa scrivere, mi venne in mente una valanga, qualcosa di tragico. Non so esattamente perché, però, decisi di partire e che quella sarebbe stata una storia drammatica. Successivamente, pensai ai personaggi: una famiglia in lutto da diversi anni e una giornata come le altre, che però, alla fine, non si rivelasse tale. Fortunatamente, a quel punto, le idee cominciarono a nascere una dopo l’altra e scrissi senza quasi mai fermarmi. Questo racconto ha dato spazio alla mia creatività, spero che vi piacerà leggerlo!
Non era la prima volta che Albert si svegliava presto: doveva farlo, era obbligato ad andare nei boschi per raccogliere il legname e portarlo nella sua abitazione, prima che il sole tramontasse. Egli era un uomo mattiniero e abitudinario: si alzava quasi sempre verso le 6 di mattina, si vestiva, faceva colazione, salutava sua moglie Susanna e abbracciava dolcemente sua figlia Maeve, che, come tutti i giorni, partiva per andare in città a studiare. Mentre Albert camminava senza meta nella sua baita, si accorse che le fotografie di suo figlio erano cadute. Le raccolse subito, con le guance fredde, umide ed una lacrima al fondo del viso, diede un bacio ad ognuna: “Oh figliolo, se fossi ancora qui con me, se solo quel giorno fossi venuto anch’io con te nei boschi, forse… forse, oggi oltre ad abbracciare tua sorella, abbraccerei anche te ” pensò Albert, con il cuore in frantumi. Maeve, chiamò suo padre dalla finestra: “Papà, dato che finisco le lezioni prima, non venire a prendermi in stazione, riesco ad arrivare fino a casa da sola, c’è ancora luce nel primo pomeriggio” urlò la ragazza, cercando di farsi sentire all’interno della baita. “Va bene Maeve, però presta attenzione e per qualunque problema chiama me o tua madre, ok?” disse Albert. “Certo, ci vediamo dopo papà, saluta la mamma da parte mia!” esclamò Maeve.
L’uomo partì dal suo alloggio e, in tarda mattinata, arrivò di fronte ai primi alberi dopo una lunga distesa di candida neve. Impugnò la sua accetta e iniziò a tagliare i vari tronchi: dopo circa mezz’ora, decise di prendere lo slittino, appoggiare la legna sopra di esso e trainarlo verso l’altra zona di boscaglia. Passare davanti a quella montagna innevata suscitò in lui i ricordi tragici della morte di suo figlio. 15 Dicembre: quella sera, suo figlio Philip era andato a raccogliere la legna, quando una terribile valanga lo travolse. Albert era lì, ad osservare la morte certa del proprio figlio senza poter fare nulla. Da quel giorno, l’uomo aveva vissuto con innumerevoli sensi di colpa, incubi, continui ricordi delle grida d’aiuto e lo sguardo terrorizzato di un figlio che guarda il padre, e sa che sarà l’ultima volta che potrà farlo. Era tardi, ormai, per pensare a cosa sarebbe potuto accadere se fosse arrivato prima, o se fosse andato lui quella sera nei boschi, quindi decise di continuare il suo percorso. Quando arrivò all’inizio di un’altro bosco, vide lontano ma di fronte a lui, sua figlia. La salutò, e lei ricambiò. Maeve percorse qualche metro e Albert riuscì a vederla meglio, le disse (quasi urlando, data la distanza) se, terminato il lavoro, aveva intenzione di tornare a casa con lui o rientrare subito e lei rispose che l’avrebbe aspettato volentieri. La ragazza corse verso suo padre, quando, ad un certo punto si sentì una ventata d’aria. I due si girarono verso la montagna e si accorsero che la neve aveva formato una vera e propria valanga.
Albert era in preda al panico: non sarebbe riuscito a sopportare la morte della sua unica figlia. “Corri, Maeve, corri più veloce che puoi!”, “Ce la puoi fare tesoro, corri, ti prego!” gridò disperato Albert. La ragazza era consapevole che non ce l’avrebbe fatta, per questo, prese una decisione: fissò suo padre negli occhi stracolmi di lacrime, e pronunciò con un sorriso impaurito : “Vi amo”. Successivamente, la valanga la travolse, Albert cadde atterra per la disperazione: “Di nuovo” disse balbettando. “Di nuovo ho lasciato che una delle persone che amo di più morisse”. L’uomo aveva bisogno di tornare a casa. Decise di portare con sé la slitta e il legname. Arrivato nella baita cominciò a singhiozzare: la moglie gli fece mille domande ma lui non era in grado di rispondere a nessuna, era completamente sotto shock. La sua mente era immobile sull’immagine di sua figlia che sorrideva con gli occhi colmi di lacrime e coscienti della sua morte. Dopo qualche ora, si riprese e raccontò tutto. La donna non poté fare altro che piangere, stringendo suo marito a sé, cercando il conforto di una persona amata. I due vivono ancora in quella baita, ma dopo l’accaduto si fecero una promessa: non sarebbero mai e poi mai tornati su quel suolo maledetto. E così fu.
Wonder racconta la storia di un ragazzo di nome August Pullman. Lui ha dieci anni ed è nato con una grave malformazione cranio-facciale che gli rende difficili i rapporti con i coetanei. August non ha potuto frequentare la scuola e, fino ad oggi, si è avvalso dell’insegnamento parentale. Quest’anno, invece, i genitori di August decidono di mandare il figlio in prima media alla Beecher Prep School. All’inizio, il ragazzo non è assolutamente d’accordo ma dopo aver fatto un tour della scuola, accompagnato da tre ragazzi della sua età, Jack, Julian e Charlotte, si convince. Il ragazzo riesce a fare amicizia solo con Jack poichè lui lo prende subito in simpatia, mentre Julian si rivela molto arrogante e diffidente e Charlotte riesce a fare amicizia con qualche sforzo. Dopo che August e Jack diventano migliori amici, August viene a scoprire che Jack parla male di lui dicendo che è suo amico solo per richiesta del preside. Ma Jack non vuole rinunciare all’amicizia: supplica August di perdonarlo, e lui con qualche sforzo, lo fa. Julian bullizza August scrivendo biglietti offensivi e il preside, venendolo a sapere, mette in punizione Julian e convoca i suoi genitori, che risultano essere molto arroganti, come il figlio. Come andrà a finire questo difficile anno di scuola per August?
Io consiglio questo libro perché parla di una tematica molto importante che tocca proprio i ragazzi della nostra età. Spesso vedo che vengono presi in giro dei ragazzi, anche quelli che soffrono dei problemi simili a quelli di August e spero che questo libro faccia riflettere.
Quest’anno, la nostra classe ha lavorato sul tema dei pregiudizi e sulla comunicazione non ostile. Dalle parole di Liliana Segre, abbiamo capito quanto le persone possano ferire nel profondo con i pregiudizi e l’odio. Dal libro “Solo una parola” di Matteo Corradini, abbiamo capito che non bisogna dare per scontato che chi ci sta attorno non venga colpito dalle nostre parole, se non stiamo attenti a farne buon uso. Dal pregiudizio che nasce dalle parole, infine, si passa velocemente al razzismo e alla discriminazione. E le parole sono frutto del pensiero: questo ci ha insegnato la Shoah. Ho registrato e letto dal vivo un testo, composto con i compagni, riguardante l’uso delle parole: oggi, a maggior ragione, usando i social che diffondono e aumentano il peso della comunicazione, dobbiamo renderci conto che le parole fanno più male di uno schiaffo: impariamo ad usare le parole buone!
Il 27 gennaio, la nostra classe ha partecipato alla celebrazione della Giornata della Memoria, preparata dalla nostra classe per la parte della secondaria. Siamo partiti verso le 10 del mattino per scuola primaria “Tina Pesaro” e, appena arrivati nell’aula magna, abbiamo fatto le ultime prove e poi, una volta arrivati tutti i partecipanti, abbiamo iniziato a proporre le nostre riflessioni. Ad assistere alla commemorazione, erano presenti il preside, le sindache di Castel San Giovanni e Sarmato, l’assessore all’istruzione, rappresentanti della famiglia Pesaro, del gruppo alpini, delle forze dell’ordine e di varie associazioni di volontariato che sono vicine alla nostra scuola. Dopo anni di mancanza, erano presenti soprattutto bambini e ragazzi: tutte le classi quinte della primaria e un paio di classi della secondaria rendevano molto numeroso il “pubblico”.
Le letture e i video che la nostra classe ha preparato, letto, proiettato si sono ispirati al libro: “Solo una parola” dell’autore ed ebraista Matteo Corradini, che avevamo incontrato nelle settimane passate in classe. Abbiamo riflettuto sull’uso delle parole che costruiscono pregiudizi e che sono sintomo di un pensiero razzista e intollerante.
Oltre ai nostri lavori, abbiamo visto il video della testimonianza di Franco Pesaro, e letto una pagina del libro di Liliana Segre “Scolpitelo nel vostro cuore”, contro l’indifferenza.
Dopo aver finito, siamo andati a vedere la mostra che i ragazzini delle classi quinte della scuola primaria hanno preparato nella biblioteca dell’istituto “Tracce di luce nella Shoah” e che ci ha molto colpito. Erano presenti cartelloni, quadri, maschere e forme che ricordavano il dolore provato dalle vittime della Shoah. C’era anche un giardino con gli alberi dedicati ai Giusti, coloro che salvarono delle vite nella Shoah.
Alla fine, siamo usciti nel cortile davanti alla scuola e ci siamo riuniti con delle classi delle scuole superiori del Polo Volta. Ci siamo stretti intorno alla pietra d’inciampo e alla stele di Tina Pesaro e le sindache, insieme ad un nipote di Tina Pesaro, Giorgio Garolfi, hanno concluso la celebrazione.
Abbiamo riflettuto molto nel periodo precedente e durante questa giornata, speriamo di essere riusciti a mandare un messaggio positivo sia agli adulti che agli alunni delle classi quinte. Tutto il materiale che abbiamo prodotto è associato all’archivio della Memoria del nostro istituto, collegato alla Stele di Tina Pesaro tramite un QR code e consultabile da tutti.
In questi giorni ho letto sulla rivista Focus Junior un articolo che mi ha colpito e mi ha fatto molto riflettere. In occasione della Giornata della Memoria, il 27 gennaio, questo articolo parla della figura di Anne Frank, una ragazza ebrea che aveva lasciato la Germania al tempo dei nazisti, per trasferirsi nella città di Amsterdam, dove insieme alla sua famiglia era stata costretta a rifugiarsi in un nascondiglio segreto per sfuggire alle persecuzioni naziste. Ad Anne piaceva molto scrivere perché la faceva sentire libera e meno sola, per cui comincia a scrivere un diario, a cui darà il nome di Kitty, che per lei diventerà come una cara amica. In una pagina del suo diario, Anne scrive: “Lasciatemi essere me stessa”, per me questa frase ha un grande significato, attraverso il suo diario Anne riesce ad essere davvero se stessa, riesce ad esprimere liberamente tutti i suoi pensieri, proprio come succede in amicizia. Sulla rivista viene anche riportata una foto bellissima di Anne che a dodici anni (la mia età!) lavora a maglia. Anne sembra molto felice e questo mi ha impressionato perché contrasta con quello che avrebbe vissuto poco dopo. E’ sconvolgente pensare a quello che una ragazza della mia età ha dovuto subire, alla sua sofferenza e a quella di tante persone che come lei non avevano fatto nulla di male. Questa bruttissima parte della storia deve essere ricordata per non permettere che capiti più e per far capire alle persone giovani come noi che queste cose sono purtroppo accadute veramente e che siamo noi ragazzi che dobbiamo fare in modo che questo odio non si diffonda mai più. Il diario di Anna trasmette fiducia, speranza e tantissimo coraggio, in un periodo così tragico della nostra storia. Anne e la sua famiglia, il 4 agosto del 1944 vengono arrestati e mandati nei campi di concentramento, dove Anne muore nel febbraio del 1945. Il papà di Anne, Otto Frank, è l’unico della famiglia che riesce a sopravvivere ai campi di concentramento, dopo la fine della guerra si impegna per il resto della sua vita a far conoscere il diario di Anne in tutto il mondo. L’articolo di Focus fa riflettere anche su un altro fatto: anche oggi, in Afghanistan, le donne sono discriminate ed emarginate, ancora oggi quindi esistono grandi ingiustizie! Alcune ragazze afghane sono costrette a riunirsi di nascosto per leggere libri e condividere i loro pensieri, perché per loro è proibito andare a scuola, studiare, informarsi. Come è possibile che ancora oggi possa accadere tutto questo? Come è possibile che ci siano ancora queste disuguaglianze? Dobbiamo sentirci in dovere di cambiare le cose!
Lo scorso 4 novembre, io insieme alla mia classe, dopo un percorso sulla Prima Guerra Mondiale fatto sui libri e attraverso documenti storici, siamo usciti dalla scuola e abbiamo visitato i monumenti della Memoria storica del nostro paese. L’obiettivo era capire a cosa servono i monumenti: per me, ci fanno ricordare di non dimenticare. Non è facile perché i monumenti stanno in mezzo alla città e noi, nella quotidianità, siamo distratti da mille cose e non li notiamo. I monumenti ricordano imprese o persone e conservano un po’ della loro anima.
Quando mi sono trovata davanti ai luoghi della Memoria della Prima Guerra Mondiale, presso il famedio del cimitero o vicino al ricovero “Albesani”, davanti a decine di nomi e cognomi di persone che hanno perso la vita in guerra per la loro patria, sono rimasta stupita e ho provato un brivido. “Perché loro?”, “Perché non io?”, “Perché è dovuto succedere?” Spari, urla, sangue non appartengono alla nostra vita ma ho capito l’importanza delle mie piccole fortune e la necessità di combattere, con le armi che ho, per diventare portavoce di chi non c’è più. Le nostre armi saranno le parole, la musica, lo studio sul campo di battaglia di ogni giorno.
E’ questo che abbiamo raccontato durante la celebrazione presso il Teatro Verdi, il 4 novembre 2023.
I monumenti sono come i papaveri, sono nei campi e spesso non li noti, sono fragili ma, quando fioriscono, ti colpiscono con il loro rosso. Ogni ragazzo di terza della nostra scuola ha creato dei papaveri: mille papaveri rossi per onorare coloro che hanno combattuto per noi e raccogliere il loro coraggio per costruire il nostro futuro senza paura.
Clara vive a Praga e, per il suo compleanno, riceve un clarinetto d’epoca. Mentre cerca di nascondere un biglietto, scritto per lei dal suo amico Samuel di cui è innamorata, cade dalla custodia dello strumento una busta ingiallita. Contiene una lettera d’amore scritta da un certo Samuel a una certa Clara in un tempo passato. Vista la coincidenza, le viene voglia di scoprire la loro storia, dove vivevano, come si erano conosciuti… ma l’unico indizio è il clarinetto. Quindi, chiede a suo fratello ed ai suoi due amici che formano una band, di accompagnarla in questa ricerca, visto che loro hanno un furgone. Ripercorrendo indietro la storia, scoprono che il clarinetto è passato in mano ad almeno sette persone fra cui un ex soldato russo, diversi bambini ebrei, una maestra ebrea, Clara del passato e Clara del presente. Arriveranno in luoghi diversi, fra cui il ghetto di Terezin, vicino a Praga, che divenne un campo di concentramento durante la Seconda guerra mondiale. Alla fine Clara riuscirà a trovare i primi possessori del clarinetto?
Mi è piaciuto molto questo libro perché, innanzitutto, il titolo ha un significato stupendo: “La Pioggia Porterà Le Violette Di Maggio” cioè dopo la pioggia di Aprile ci sarà Maggio e nasceranno le Violette. Un altro modo per interpretarlo è: dopo un momento triste ci sarà un momento felice e spensierato, non bisogna mai perdere la speranza, anche in momenti difficili. Questa frase si trova anche nella lettera d’amore scritta da Samuel a Clara. La storia è avvincente perché i personaggi sono tutti legati dal clarinetto e ognuno racconta la sua storia che è come una tessera di un puzzle.